Torre Santa Susanna è un Comune della Provincia di Brindisi, il cui territorio è ricchissimo di testimonianze della storia dell’uomo, soprattutto nelle sue prime fasi. Vi sono prove certe della frequentazione umana durante il paleolitico, dell’esistenza di tre villaggi capannicoli nel neolitico (località Palombara, Guidone e Cilina) e di diverse aree abitative nel successivo periodo del bronzo (località Martucci e Villa Spina). Solo a cominciare dall’età del ferro, il territorio di Torre Santa Susanna non presenta più alcuna testimonianza di un certo valore per un periodo di tempo abbastanza lungo, che include anche il periodo messapico. Nel periodo ellenistico e durante la colonizzazione romana, compaiono fattorie, ville rustiche, strutture abitative ed un sostanziale incremento della viabilità.
Con la caduta dell’Impero Romano e la venuta di diverse popolazioni di origini barbariche, con le guerre che ne scaturirono nelle nostre contrade (tra Goti e Bizantini prima e tra i Bizantini e Longobardi dopo), la terribile crisi economica, politica e sociale ne derivò lo spopolamento del territorio e l’abbandono dei campi. A tutto ciò si aggiunsero le incursioni di Ungari, Agareni e Saraceni. Il luogo dove ora sorge il paese di Torre Santa Susanna (V-VI secolo) si caratterizza per la presenza di numerosi individui, tra cui monaci di rito orientale, che affrescarono le pareti con i loro dipinti (grotta dello Spasimo, grotta di Santa Maria di Galaso, grotta basiliana dei trappeti ipogei, grotta di San Giovanni Battista, ecc.). Durante la guerra tra Longobardi e Bizantini, il sito di Torre Santa Susanna si trovò, attorno al 660 d.C., sulla linea di scontro tra i due contendenti (nota come Limitone dei Greci), e fu in tale contesto storico che su alcune importanti arterie stradali di collegamento furono edificate alcune Chiese. Nacquero così le Chiese paleocristiane di Santa Susanna, di San Pietro di Crepacore, di San Giacomo del Gaudo, di San Miserino, di San Biagio a Tobiano, ecc., le cui caratteristiche architettoniche furono ispirate dalla non lontana Cattedrale di Oria, il cui stile originale risultò frutto della commistione di influenze sia bizantine che longobarde. Attorno a questi edifici di culto si vennero a sviluppare alcuni casali (Tobiano, Crepacore, Surbole, San Giacomo, ecc.), che sorsero su precedenti ville rustiche romane o che ne furono le dirette continuazioni. I Saraceni però continuarono a vessare questi territori per tutto il periodo a cavallo dell’anno 1000.
Ma fu con l’arrivo dei Normanni che la situazione migliorò di molto, conferendo finalmente maggiore sicurezza alle popolazioni stanziali e permettendo una bonifica più capillare dei terreni. Nella Contea di Oria, un dominus Riccardo decise la costruzione di tre castelli che potessero difendere il feudo da nord, da sud e da oriente (castelli eretti rispettivamente nei siti oggi occupati da Ceglie Messapica, Avetrana e Torre Santa Susanna); quest’ultimo, detto “Granarium Uriae”, doveva custodire tutto il grano prodotto nella zona. Il Castello, che ospitava una guarnigione di soldati della non lontana Oria, fu però completamente distrutto nel 1256, allorché Manfredi di Svevia volle cingere d’assedio ed espugnare la cittadina di Oria.
L’origine del paese di Torre Santa Susanna, però, la si deve far risalire al periodo angioino, verso la fine del Duecento, allorché Carlo I D’Angiò, sulle rovine dell’antico castello normanno-svevo, volle erigere una torre di avvistamento, così alta che i pellegrini, che vi passavano nei dintorni, nel vederla, esclamavano: “Ecco la torre…” e, per distinguerla dalle altre esistenti in zona, la vollero chiamare “La Torre di Santa Susanna”, perché eretta nei pressi dell’antica chiesetta bizantino-longobarda di Santa Susanna. Attorno a tale torre di avvistamento, cominciarono a sorgere le prime casupole di quelle famiglie che, incoraggiate da un editto del sovrano angioino che esentava i siti di Oria, Torre Santa Susanna ed Avetrana dai dazi e dalle gabelle, vollero abbandonare i vecchi casali di Tobiano, Surbole, San Giacomo e Crepacore, fissando le loro dimore nel nascente casale della Torre di Santa Susanna, che però continuò a dipendere dalla città di Oria.
Con l’avvento degli Aragonesi sul trono di Napoli e con la scomparsa del Principato di Taranto, molti feudi, al posto di rimanere nel demanio regio, furono ceduti a vari feudatari, per rimpinguare le casse dello Stato depauperate dalle varie guerre degli Aragonesi. Tra questi feudi ci fu anche quello della Torre di Santa Susanna, che, pur rimanendo nella giurisdizione di Oria, fu ceduto ai nobili Guarini di Lecce. Ciò portò ad una sorta di dualismo di poteri sul piccolo casale, con una infinità di liti tra i vari feudatari, che si avvicendarono, e la città di Oria, che si conclusero solo nel 1564 con il riconoscimento definitivo dell’autonomia della Universitas di Torre Santa Susanna.
I principali eventi dei primi secoli di vita della neonata comunità furono la costruzione della Chiesa Matrice nel 1330, che fu intitolata inizialmente a San Nicola, poi anche a Santa Susanna, e successivamente anche alla Madonna Assunta; la costruzione di alcuni pozzi, il ritrovamento nel 1481 di una grotta basiliana alla periferia del casale, su cui venne costruita una chiesuola per custodire l’affresco di Santa Maria di Galaso ed il passaggio del corteo che accompagnava la Regina Isabella Del Balzo nelsuo viaggio da Lecce a Napoli, che avvenne il 20 maggio 1497, così come descritto splendidamente nel poema “Lo Balzino” di Ruggjero di Pazienza. Lo sviluppo economico del casale della Torre di Santa Susanna, che seguì all’affrancamento dalla città di Oria, è dimostrato dalla costruzione nel sottosuolo del paese di numerosi frantoi, di proprietà dei feudatari, dove venivano molite le olive.
A seguito della guerra che contrappose Spagnoli e Francesi agli inizi del ‘500 per la spartizione del Regno di Napoli e dalla fine degli Aragonesi, il Re Carlo V, che conquistò tutto il Meridione, diventando pertanto Vicereame di Spagna, esproprió il feudo di Torre di Santa Susanna ai Guarini, perché filo-francesi, e lo assegnò ai Palagano, signori fedeli alla corona di Spagna, che lo tennero sino al 1588. In questo periodo il piccolo paese di Torre Santa Susanna vide il sorgere di un ospedale e del Monte di Pietà, per iniziativa dei Sacerdoti Angelo de Mauri ed Attilio Calabrese.
Nel 1588 la famiglia mesagnese dei Dormio acquistò il feudo di Torre di Santa Susanna dai Palagano e tale evento coincise con uno sviluppo davvero sorprendente per il paese, forse anche a causa del mecenatismo dei nuovi feudatari e per l’intraprendenza del nuovo Vescovo di Oria, Giovanni Bovio, nei confronti di tutta la Diocesi. Infatti i più importanti edifici storici conservati ancora oggi nel paese risalgono proprio a quel periodo: la Chiesa di Santo Stefano, la Chiesa di San Giovanni, il Convento dei Francescani (oggi dei Carmelitani), la Chiesa Madre, che fu ristrutturata di sana pianta, la costruzione del pianterreno del nuovo Palazzo Baronale (quello che oggi è conosciuto come “Castello”), nonché l’arrivo in paese di notevoli opere di un certo pregio artistico, come alcune tele di anonimi pittori di scuola veneziana, quali Il Battesimo di Gesù, La Madonna del Rosario, una statua in pietra di Cristo con la Croce ed un Gesù Crocifisso, ora conservati nella Chiesa Matrice, e una Natività, attribuita a Gabriele Riccardi, ora conservata nella Chiesa di Galaso.
Nel 1614 il feudo di Torre di Santa Susanna fu venduto agli Albricci, ricca famiglia di commercianti d’olio di origini comasche, che nel Salento costituì una vera e propria Signoria. Accasciati però dai troppi debiti, gli Albricci vendettero Torre Santa Susanna nel 1632 ai Lubrano di Ceglie Messapica e da questi, nel 1660, il feudo passò ai De Angelis di Mesagne. Nel Seicento Torre Santa Susanna vide il sorgere di due confraternite, quella della Madonna del Rosario, o di San Giovanni, e quella della Immacolata, le quali furono coinvolte, assieme ai Francescani del Convento, ai Gesuiti, che erano giunti in paese per una donazione fatta in loro favore dal facoltoso notaio Cosimo Romano e alla stessa Universitas, in una controversia di fede, che si trascinò per circa due secoli per la titolarità del patrimonio di Santa Susanna, difesa dal Capitolo. In tale contesto furono commissionate, dalle diverse fazioni di tele della Madonna del Rosario, a Saverio Lillo, La Gloria di San Francesco Saverio, attribuito al bitontino Carlo Rosa, Sant’Oronzo, San Giusto e San Fortunato al gallipolino Giovanni Antonio Coppola, o alla sua scuola, La Madonna Assunta tra San Nicola e Santa Susanna al francavillese Domenico Carella ed il Busto ligneo di Santa Susanna di scuola napoletana, tutti conservati attualmente nella Chiesa Matrice.
La famiglia dei feudatari De Angelis si comportò come quella dei loro predecessori Dormio, in quanto si impegnò nella ridefinizione del centro urbano di Torre Santa Susanna, grazie anche all’opera dell’architetto Francesco Capodieci: in tale contesto il Palazzo Baronale fu dotato del primo piano, fu arricchito da uno splendido portale a bugnato, fu dotato della fossa granaria per la raccolta delle decime. Nel Seicento torrese si distinsero due personaggi illustri: Filippo Formosi, i cui carmi furono pubblicati nel primo libro stampato in Lecce (1631) e Gregorio Messere, che fondò la cattedra di Greco presso la Università partenopea e fu uno dei più grandi intellettuali della Napoli di quel tempo. Accanto a loro Torre Santa Susanna, dal Seicento in poi, vide l’affermarsi di colti preti adusi a comporre in latino e notabili che si accaparrarono le terre, tramando per escludere i pochi concorrenti ai seggi dell’Universitas, alla canonica ed ai posti di comando del paese.
I due simboli che avevano dato il nome al paese, la Chiesa di Santa Susanna e la Torre Angioina, finirono per crollare ed essere completamente abbattute per motivi di sicurezza, a causa dei terremoti del 1668 e del 1743.
Nel 1733 il feudo di Torre Santa Susanna fu venduto dai De Angelis alla famiglia Filo di Altamura, che ampliò ancora il Palazzo Baronale e che, munendolo di merli, lo trasformò in un vero e proprio castello. I Filo furono gli ultimi feudatari del paese, in quanto essi si trovarono nel momento della eversione della feudalità, che avvenne nel 1810.
Durante la Rivoluzione Partenopea del 1799, Torre Santa Susanna costituì una municipalità filo-francese, che però ebbe una vita breve, a causa della restaurazione borbonica. Ma fu proprio sotto i Borboni che il paese ebbe il suo momento migliore. Infatti alcuni dotti Torresi si distinsero alla corte dei sovrani di Napoli, riuscendo ad influenzarne persino le decisioni, come fu il caso dei fratelli Vincenzo e Oronzo Mattei, diplomatici, e del Delegato Generale degli Scolopi, Padre Pompeo Vita, che fu addirittura precettore dell’ultimo sovrano borbonico Francesco II.
Tra Ottocento e Novecento, al posto dell’antica Torre Angioina, venne eretta la guglia barocca di Santa Susanna dall’artista Sardella da Cursi; grandi palazzi furono costruiti dalle famiglie notabili del paese (Palazzo Monticelli in Via Roma, Palazzo Sanasi- Conti in Via Latiano, Palazzo Mattei e Palazzo Muscogiuri nei pressi di Santo Stefano, ecc.), mentre, grazie all’opera dell’architetto leccese Ferdinando Campasena, furono costruiti la Torre dell’Orologio ed il Palazzo Municipale in Piazza Umberto I, fu ristrutturata ed ampliata la Chiesa di Galaso, che fu proclamata Santuario Mariano, fu ricostruita la Chiesa dell’Immacolata Concezione e l’ex Convento dei Francescani, che passò poi ai Carmelitani. Infine, durante il Fascismo, vennero edificati l’Asilo Infantile, dedicato ai Caduti in Guerra, e le Scuole elementari.
Torre Santa Susanna oggi è un Comune di 10.500 abitanti che si trova nel cuore dell’Alto Salento, dell’Adriatico e dello Ionio. La campagna circostante è bella e lussureggiante, ricca di oliveti secolari e di vigneti (Torre Santa Susanna si trova nell’area del “Primitivo di Manduria”) ed è punteggiata da splendide antiche masserie (Arcipreti, Pezzaviva, Palombara, Guidone, Le Torri, Santoria, Canali, Gesuiti, Martucci, ecc.).
Chiesa Matrice: a pianta basilicale a tre navate, conserva molte interessanti opere d’arte che sono state già sopraccitate. L´odierno aspetto risale alla ristrutturazione cui fu sottoposta nel 1590 ad opera di maestranze veneziane, come dimostrato dallo stile architettonico di derivazione veneto-dalmata, che la accomuna ad altre Chiese coeve che si trovano in zona (Chiese Matrici di Laterza, Mottola, Manduria, Maruggio e Cattedrale di Ostuni). Interessante la scultura presente sul portale d’ingresso principale, attribuita al maestro Raimondo da Francavilla.
Particolari monumenti da visitare sono:
Chiesa di San Pietro di Crepacore: antica Chiesa paleocristiana a tre navate, sormontata da tre cupole e costruita con materiali di risulta di edifici ancora più remoti. La Chiesa venne eretta nell’VIII secolo e conserva tra i più antichi affreschi bizantini di Puglia (L’Ascensione di Cristo nell’abside, San Pietro tra il committente e signora, sulla parete interna della seconda campata); si trova all’interno di un’area archeologica con i ruderi della villa rustica romana e di una necropoli altomedievale. Nel mese di agosto di ogni anno vi si svolge il prestigioso Premio di Poesia “Santa Maria di Crepacore”.
Frantoi Ipogei: sono tra i più grandi frantoi ipogei che si conservano in Salento e la parte visitabile non è che la minima parte dell’intero complesso. Si compongono di spaziosi corridoi, sale per la conservazione delle olive (sciave); enormi ambienti per la molitura e la spremitura, con le macine in pietra e le presse perfettamente conservate, cisterne e stanze di servizio tutte ricavate nella roccia (stalle, refettori, dormitoi, ecc.).
Santuario di Santa Maria di Galaso: Chiesa costruita su di una grotta utilizzata nel V-VI secolo dai monaci di rito orientale. Conserva un affresco bizantino della Madonna che vezzeggia il Bambino con una rosa, posto su uno splendido altare barocco,ed un altro affresco di Madonna con Bambino, più classicheggiante, ancora presente sulla roccia. Interessante anche una scultura che raffigura La Natività, attribuita da Cosimo De Giorgi al maestro Gabriele Riccardi di Lecce.
Castello dei Conti Filo: imponente e severo maniero, racchiuso tra due torrioni sopravanzati, contornato di merli, presenta al centro della facciata un portale a bugnato sormontato dallo stemma dei Conti Filo che, attraverso un vestibolo, conduce nel vasto cortile da cui si può accedere nel resto degli ambienti: il salone delle decime, che conserva ancora alcuni interessanti medaglioni affrescati sul soffitto a botte, la fossa granaria sotterranea, le scuderie, ora trasformate in un vero e proprio museo, la cappella gentilizia dove si conserva l’unico altare barocco in legno di tutta la Provincia, e l’ingresso allo scalone che conduce al piano nobile, dove si susseguono stanze e saloni magnificamente arredati.
Museo delle tradizioni contadine: ospitato presso l’antico Palazzo Municipale, si compone di migliaia di oggetti che ripropongono le antiche tradizioni dei contadini del Salento ed uno spaccato della cultura delle nostre radici.